L’educazione sentimentale di una fanatica della musica classica

Rudolf e Piggy

Rudy e Piggy 3msp

Fin dall’infanzia mi fu chiaro che se Miss Piggy poteva ballare con Rudolf Nureyev sulle note del Lago dei Cigni – con la MIA agognata corona di Odette in testa – anch’io un giorno avrei trovato l’amore sul palcoscenico o in una buca d’orchestra.
I miei compositori e musicisti di riferimento però erano tutti morti da almeno un secolo, quindi che fare?
Bisognava innamorarsi di qualche artista ancora in vita.
Certo le occasioni per me a quell’età di frequentare concerti, opere e balletti erano pari a zero, così l’unica era restare con le orecchie tese e gli occhi aperti per identificare rapidamente il candidato a rapire il mio cuore non appena fosse passato sullo schermo del televisore o sulla copertina di qualche disco (non c’era internet con tutto pronto bello e servito a quei tempi).

E fu così che poco alla volta le fisionomie dei grandi interpreti della classica mi diventarono familiari fino alla stesura dell’identikit dell’uomo perfetto per me.
Il candidato ideale alla conquista del mio giovane cuore risultò essere il mitico Yehudi Menuhin, un principe elegante armato di violino in grado di incantare il drago con la Ciaccona e di prendere a mazzate Malefica a colpi di archetto.
Perché desiderare un principe azzurro su un cavallo bianco quando di azzurro c’erano già i puffi e potevo sognarne uno con uno con tanto di Stradivari e magari anche la Rolls-Royce?
[Avevo un senso pratico molto spiccato anche in queste fantasie psicotiche].

YehudiVSFilippo

Yehudi bellissimo e padrone della situazione mentre suona Mendelssohn > Filippo incagliato a cavallo tra i rovi mentre brandisce inutilmente la spada.

A questo primo amore ne seguirono molti altri, sempre artisti di altissimo livello legati al mondo della “classica”: dal ballerino Michail Baryšnikov che mi preferì inspiegabilmente Jessica Lange, al pianista Ivo Pogorelić fino al violinista Uto Ughi che ancora adesso francamente dice la sua.

Gli scompensi di questa idealizzazione dell’artista classico a uomo dei sogni non furono pochi, come potete facilmente immaginare, e fu soprattutto durante l’orribile periodo della scuola media che iniziai a prendere atto delle differenze sostanziali tra i miei gusti e quelli dei miei coetanei.

Esempio di dialogo che vi chiarirà meglio il livello di disagio:

Ragazzina pop: ma a te chi ti piace?
Io: Yehudi Menuhin
Ragazzina pop: e chi è?
Io: un violinista
Ragazzina pop: ma è quello degli Europe?
Io: adesso sta in Europa, vive a Londra
Ragazzina pop: e i Duran Duran ti piacciono?
Io: no
Ragazzina pop: preferisci gli Spandau Ballet?
Io: no, per me i Berliner stanno una spanna sopra tutti gli altri.

Né le incomprensioni, né le continue prese per il culo, né la solitudine – per quanto pesante a tratti insopportabile – riuscirono ad allontanarmi dalla mia passione per la musica classica che, anziché diminuire a contatto con i miei coetanei, non faceva che alimentarsi per tenermi lontana da un universo sociale in cui non mi trovavo affatto a mio agio.

Fu così che, nonostante la scarsità di doti fisiche e di talento, iniziai a suonare sempre di più, sempre con maggiore dedizione e impegno, fino a superare quelli che in altre circostanze sarebbero stati limiti insormontabili.

E ancora oggi ogni volta che suono o che ascolto qualche bella esecuzione mi sento accolta in un universo a cui sento di appartenere ed è una sensazione dolce e piena di calore come ritrovare un vecchio amico.

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