A cosa pensa un musicista mentre suona o canta o dirige?
Ovvero cosa gli frulla in testa quando è sul palco nel pieno della performance?
Ve lo siete mai chiesto?
Io che sono una reginetta delle pippe mentali me lo chiedo spesso e ogni volta che mi trovo ad assistere a qualche concerto non posso fare a meno di osservare – maniacalmente s’intende – tutti i musicisti, il solista o il direttore di turno, cercando di capire a cosa stanno pensando.
Se si scruta con attenzione un’orchestra all’opera si scoprono ammiccamenti, sorrisi e mezze frasi esattamente come accade tra colleghi in un qualsiasi prosaico ufficio, ma quando il brano è particolarmente impegnativo e la richiesta di partecipazione attiva è totale ecco che le cose cambiano, che tutti diventano improvvisamente seri e con quell’espressione concentrata ed enigmatica nella quale mi ostino a voler cercare qualcosa di esoterico.
Perché suonando di cose a cui pensare ce ne sono parecchie…
- le note: come minimo devono essere tutti giuste, o almeno la stragrande maggioranza
- il tempo: anche in musica non transige: non va né perso né anticipato
- la diteggiatura: le nostre dita memorizzano, bisogna metterle comode
- la postura: rilassati, spalle basse, polsi fermi bassi ma morbidi, dita curve, articola, su la mano, giù la mano, via col piede
- gli accenti: tempo forte, tempo debole, tempo semi-forte, cadenza
- le legature: finisce la frase, ne inizia un’altra e si deve far sentire bene
- la dinamica: forte, piano, fortissimo, medio forte, no però qui di più e poi un po’ meno
- la cena: ho acceso la pentola l’arrosto? Cinese o pizza? Non si vive di sola arte
- l’ex: c’è sempre qualche modulazione in minore o qualche passaggio malefico che ci riporta alla mente un’antica pena d’amore
Ma tra tutto questo pensare dove trova spazio l’anima dell’esecutore?
È proprio qui che secondo me si cela la grandezza del musicista: nel convogliare mille pensieri in un flusso unico, nello spegnerli tutti singolarmente per accendere un’unica grande fiamma e renderla palpabile ai sensi – a tutti i sensi – degli ascoltatori.
Anche a me – nel mio piccolo s’intende – per fortuna qualche volta è successo: inizio a suonare pensando a mille cose, poi mi perdo, mi lascio andare, sento che la musica spinge le dita che quasi non sento più mie, la inseguo, la sento crescere fino a diventare un’esplosione di gioia così bella da togliere il fiato e allora ho un unico pensiero: UAO!
È la trascendenza, baby…