L’importanza di ascoltare: 10 domande a Maurizio Colasanti

A volte la fortuna aiuta i pigri. Non stavo scrivendo nulla da tempo immemore, in parte perché impegnata su altri fronti in parte per la suddetta pigrizia, quando mi ha scritto Fabiana Lista proponendomi di pubblicare sul mio blog l’intervista che ha fatto al Maestro Colasanti, intervista che pubblico con piacere poiché bella, interessante e istruttiva. Buona lettura…

Maurizio Colasanti classe 1966, è uno dei più giovani direttori d’orchestra Italiani. Talento precoce, all’età di sette anni ha tenuto il suo primo concerto solistico, ha studiato direzione d’orchestra con grandi maestri presso le scuole di Vienna, Ginevra e Budapest. Docente in alcuni dei più importanti conservatori di musica internazionali tra cui l’Illinois State University di Chicago, la Royal College of Music di Melbourne e il Conservatorio di Musica di Quito, nel 2004 è stato nominato per acclamazione direttore principale dell’orchestra Sinfonica de Loja e nel 2008 dell’Orchestra Villa Lobos Symphony. Ha collaborato con musicisti come A. Rosand, A. Pay, C.M. Giulini, A. Braxtone, G. Shuller, M. Larrieu, P. Badura Skoda . Nel 2012 è stato eletto direttore principale e direttore artistico dell’Osuel .

  1. Maestro ci racconti di Lei, chi è Maurizio Colasanti come persona?
    La domanda che mi pongo sempre è un’altra: cosa sono? Una sostanza, un’anima con un involucro con una data di scadenza? Per sapere chi siamo semplicisticamente è sufficiente osservare cosa facciamo, mentre la risposta è più complicata quando la domanda è la seconda. Per rispondere c’è bisogno di verificare attentamente cosa succede dopo la scadenza della nostra fisicità, a patto che si possa fare.
  2. Come nasce la sua passione per la musica classica?
    Sono cresciuto a Pretoro, un piccolo borgo con meno di mille abitanti non lontano da Chieti. Ho iniziato a studiare musica che non conoscevo l’alfabeto, poi un po’ alla volta è nata la passione. E non parlerei di passione per la musica classica soltanto. L’aggettivo spesso è fuorviante, diciamo che in me è nata sin da piccolo la passione per la Musica, così in maniera spontanea e naturale, senza troppi interventi esterni, forse in maniera un po’ selvaggia, impetuosa, a volte solitaria e furiosa.
  3. Che messaggio dà oggi la musica classica?
    La musica tutta, ha il solo scopo di farci vedere con l’anima ciò che non riusciamo a spiegare con le parole, ciò che non riusciamo a vedere con gli occhi e non riusciamo a comprendere ma appunto sentiamo. La musica è un’esperienza sensoriale che nessuna metafora può spiegare ma che è essa stessa la spiegazione. La musica è ontologia pura, è ciò che esiste nella sua essenza in quanto fenomeno. La musica è chi ascolta.
  4. In Italia possiamo parlare di “cervelli” in fuga?
    Purtroppo stiamo assistendo a un processo di eutanasia musicale sistematico. Ogni giorno diventa sempre più difficile fare musica nel nostro paese. Siamo famosi nel mondo per aver inventato l’opera lirica, e ora invece siamo capaci solo di chiudere le orchestre, ridurre i fondi ai teatri, insomma azzoppare una delle poche voci che veramente potrebbero rilanciare il nostro paese e il tanto sventolato Made in Italy. Ho l’impressione che la narcosi televisiva prima e quella da social adesso abbia favorito un assopimento culturale che sta evolvendo verso un vero e proprio letargo. Ovvio che i migliori cerchino altrove, dove ci sono le risorse non solo economiche ma soprattutto la possibilità di esprimersi.
  5. Che cosa vuol dire per Lei dirigere un’orchestra?
    Innanzitutto saper ascoltare. Ascoltare i suoni, ma anche ospitare le intenzioni, le confidenze, le rivelazioni di ogni musicista che la compone. Dirigere un’orchestra vuol dire provocare l’armonia, l’equilibrio tra le proprie intenzioni ideali e le vite degli individui, che insieme con me in quel momento, creano quella cosa magnifica che si chiama musica.
  6. A cosa sta lavorando in questo periodo?
    Nei prossimi giorni partirò per gli Stati Uniti, dove dirigerò la Messa da Requiem di Verdi e poi sarò in Slovacchia per dirigere la Quinta sinfonia di Beethoven. Due grandi capolavori di bellezza e profondità. In entrambe le opere tocchiamo in maniera assoluta l’inesorabilità della morte e la controversia sul mondo trascendente. Differenti partiture ma con un denominatore comune: cosa siamo?
  7. Qual è l’opera cui si sente più legato?
    Il più delle volte mi sento più legato a quella che dovrò dirigere a breve, quasi sempre è così. Il mio rammarico è quello di non poter conoscere tutte le opere approfonditamente. Non basta una vita per ascoltare tutta la musica composta, figuriamoci studiarla.
  8. Quali sono i compositori dai quali si sente maggiormente influenzato?
    Alcuni compositori mi sono familiari, mi piace pensare all’intuizione che suscitano in me . Amo la musica perché essenza illimitata, irreale, utopistica. L’illimitatezza della concezione musicale, aldilà delle strutture formali è ciò che mi rende più vicino ad alcuni piuttosto che ad altri. Cito ad esempio Bach, Rossini, Wagner, Cherubini operista, Mahler, Bruckner, un certo Sibelius, Debussy, Varese, Lutoslavsky.
  9. Se la sua vita fosse la trama di un film, che titolo gli darebbe?
    Sicuramente La guerra lampo dei fratelli Marx. Un film iconoclasta che fa letteralmente a pezzi la logica, la realtà, l’autorità, il perbenismo, ma soprattutto la concezione manichea per cui esiste il buono e il cattivo, il bianco e il nero.
  10. Se dovesse dare un consiglio appassionato a un aspirante direttore, cosa gli direbbe?
    Di sbagliare da solo.

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